I FabLab: la terza rivoluzione industriale comincia da qui.
Concepiti nel 2003 al MIT di Boston, questi spazi tecnologici, creativi e produttivi hanno da subito affascinato il mondo, al punto che in soli dieci anni si può già parlare di un fenomeno affermato.
Ma cosa sono questi fantomatici FabLab?
Una prima definizione generica la troviamo su Wikipedia: “Un FabLab (dall’inglese fabrication laboratory) è una piccola officina che offre servizi personalizzati di fabbricazione digitale”.
Un laboratorio aperto, dunque, all’interno del quale si insegna e si assistono gli individui con l’obiettivo di stimolarli a creare progetti che possano portare ad una crescita tecnologica nella società.
Il fulcro essenziale dei FabLab sono le idee.
Questi spazi permettono di creare, progettare e produrre le proprie idee. Non solo: sono luoghi dove la presenza di più individui è fondamentale. In questo senso i FabLab sono delle vere e proprie comunità dove la crescita tecnologica si muove di pari passo con il confronto delle idee.
Il “learning by doing” è fondamentale per queste realtà. Gli utenti imparano l’uno dall’altro, spesso cooperano e condividono idee, contribuendo così alla diffusione di queste ultime.
I FabLab si rivolgono specialmente verso designer e imprese creative (moda, giochi, oggettistica in generale), che in questo contesto vengono assumono il ruolo di “makers”. Dà loro la possibilita di interrelarsi, “fare rete”, e mette loro a disposizione la strumentazione necessaria per dar vita ai progetti. Fondamentale è anche la sinergia tra cittadini, scuole e università, grazie alla quale questi laboratori di produzione digitale si stanno rapidamente consolidando.
In Italia il fenomeno ha coinvolto da subito le regioni del settentrione, e in casi specifici anche qualcuna del meridione. Il primo FabLab del sud Italia ha cominciato la sua attività il 31 ottobre 2012 a Cava de’ Tirreni (SA), in Campania.
Passando all’aspetto pratico della questione la domanda che viene da porsi è come funziona un FabLab.
La strumentazione tecnologica che un utente può trovare all’interno di una di queste realtà è costituito da macchinari moderni attraverso cui si può realizzare la fabbricazione digitale artigianale. Il ruolo principale è quindi occupato dalle stampanti 3D. A partire da un file di un modello tridimensionale è infatti possibile, in pochi minuti, ricreare fisicamente un oggetto.
Le stampanti 3D consentono di stampare e assemblare parti composte da diversi materiali dalle proprietà fisiche e meccaniche differenti attraverso un singolo processo di costruzione. Le tecnologie avanzate di stampa 3D sono in grado di dar vita a modelli che emulano in maniera molto simile l’aspetto e le funzionalità dei prototipi.
Una stampante a tre dimensioni lavora prelevando un file 3D da un computer e utilizza quest’ultimo per realizzare una serie di porzioni in sezione trasversale. Ogni porzione è poi stampata l’una in cima all’altra per creare l’oggetto 3D.
E’ attraverso questo processo che vengono creati gli oggetti.
Quali sono i vantaggi riscontrabili in tutto ciò?
Innanzitutto, i costi. L’utilizzo delle stampanti 3D abbatte di gran parte i costi i produzione.
L’altro elemento fondamentale è il tempo. La creazione di un oggetto a partire da un file 3D su un computer è molto più veloce rispetto alle tecniche tradizionali.
Stando a questi elementi, ci troveremmo di fronte ad una vera e propria rivoluzione industriale digitale.
Secondo un editoriale apparso sul “The Economist” del 10 febbraio 2011, “la stampa tridimensionale rende economico creare singoli oggetti tanto quanto crearne migliaia e quindi mina le economie di scala. Essa potrebbe avere sul mondo un impatto così profondo come lo ebbe l’avvento della fabbrica. […] Proprio come nessuno avrebbe potuto predire l’impatto del motore a vapore nel 1750 – o della macchina da stampa nel 1450, o del transistor nel 1950 – è impossibile prevedere l’impatto a lungo termine della stampa 3D. Ma la tecnologia sta arrivando, ed è probabile che sovverta ogni campo che tocchi”.
Al momento, tuttavia sembra che i FabLab non competano con la produzione di massa. Si inseriscono certamente in un discorso legato alla produzione di beni di consumo, più nel senso che gli oggetti realizzati e la strumentazione messa a disposizione degli utenti è adattabile ad esigenze locali e personali. Del resto, ogni rivoluzione, perfino una di portata industriale come questa, inizia sempre dal basso.
Articolo di Mautone Luca
Mappa dei FabLab in Italia
Il link alla mappa è stato tratto dall’articolo di Wired Italia
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