Cos’è il Telerilevamento o Remote Sensing – La sua storia dalle origini fino ad oggi
Per capire cosa è il telerilevamento basta analizzare le parole che compongono il termine. “Tele“, che dal greco, significa “da lontano” e “rilevamento” indica l’osservazione e l’acquisizione di informazioni da lontano. Quindi con telerilevamento o remote sensing si vuole esprimere l’acquisizione di informazioni su oggetti posti ad una certa distanza. Capiamo insieme di cosa si tratta e la sua storia nel tempo.
Che cosa è il Telerilevamento o Remote Sensing
Se vogliamo dare significato più preciso è possibile identificare il telerilevamento come una disciplina o meglio un approccio multidisciplinare allo studio del territorio e dell’ambiente che ci circonda. Tale approccio si basa sull’osservazione con finalità diagnostico-investigative per estrarre informazioni dettagliate sulle caratteristiche qualitative e quantitative di superfici o porzioni di territorio, e formulare ipotesi interpretative sul loro stato e sui cambiamenti e i processi dinamici da cui essi sono interessati.
Il telerilevamento è una disciplina che appartiene al più vasto ambito disciplinare del cosiddetto settore della “geoinformazione” anche se in esso possono essere inclusi sistemi e tecniche di telerilevamento spaziale.
Per poter eseguire queste osservazioni da lontano sono utilizzati molti strumenti o meglio sensori, semplici come una macchina fotografica o complessi come particolari scanner, che registrano le informazioni trasportate dall’energia elettromagnetica emessa, riflessa o diffusa dai corpi degli oggetti osservati. Questa energia elettromagnetica può essere sia visibile dall’occhio umano, ma anche non osservabile come gli infrarossi o gli ultravioletti che l’uomo non è in grado di percepire.
Molto importante nel telerilevamento è la prospettiva di osservazione o acquisizione che si assume rispetto l’oggetto da osservare. Infatti dipende dal tipo di strumento o piattaforma dalla quale avviene l’acquisizione che può essere da terra, aereo o satellitare.
Il telerilevamento è una disciplina applicata in tantissimi campi. È nato principalmente per definire la struttura di ampi territori del pianeta ma poi si è diffusa per il monitoraggio ambientale come lo studio di masse nuvolose (meteorologia), delle componenti vegetali (agronomia e studi forestali), lo studio della superficie e composizione terrestre (geologia), delle acque superficiali e dei mari (idrologia) ed dello studio dei centri urbani (urbanistica).
La storia fin dalle sue origini
Considerando il significato di telerilevamento, cioè l’acquisizione di informazioni su un oggetto o un fenomeno senza contatto fisico con lo stesso oggetto, è possibile scavare nella storia e trovare i primi tentativi primitivi di remote sensing già nel 1600 con Galileo Galilei. Infatti con la sua scoperta ed abilità di utilizzare lenti ottiche gli permise di rilevare i corpi celesti nel cielo.
Si considera, però, che il telerilevamento ha avuto inizio subito dopo l’avvento della macchina fotografica nel 1840. Prima di questa data per ottenere per conoscere la formazione di un territorio e di tutto ciò che lo ricopriva era necessario affidarsi all’abilità dei cartografi, accettando l’imprecisione dell’uomo legata a tutte le difficoltà per effettuare le misurazioni.
La prima piattaforma aerea utilizzata affiancata alla macchina fotografica, come sensore di acquisizione, fu la mongolfiera. Il fotografo francese Felix Tournachon Gaspar, noto come “Nadar”, è stato il primo a sperimentare la fotografia aerea con mongolfiera per l’uso di rilevamento e cartografia. Con l’avvento del volo ed anche con la costruzione della Torre Eiffel nel 1889 per la World’s Fair (Esposizione Universale) è stato possibile fotografare la terra sotto una nuova prospettiva dando inizio a questa nuova disciplina.
Nel 1880 Arthur Batut in Labruguiere, Francia, introduce come piattaforma aerea aquilone su cui montare la macchina fotografica. L’attrezzatura utilizzata presentava un altimetro che codificava l’altitudine sulla pellicola nel momento dello scatto, in modo tale che era possibile determinare la scala delle immagini. Lo scatto era innescato da una miccia a lenta combustione e al termine della foto veniva rilasciato a una bandierina rossa per segnalare che la foto era stata scattata. Questa tecnica è ancora oggi molto utilizzata dagli appassionati o per rilevamenti fotografici del territorio molto economici.
Successivamente, a partire dal 1909, la macchina fotografica fu montata su una nuova piattaforma aerea per scattare fotografie in un modo più economico, preciso e veloce. Furono utilizzati i piccioni. I più famosi fotografi aviari erano i volatili del gruppo bavarese Pigeon Corps che trasportavano macchine fotografiche molto leggere da 70 grammi e scattavano foto ogni 30 secondi. Lo svantaggio dei piccioni era quello di avere foto con le piccole ali nella prospettiva e capitava spesso che le foto erano inutilizzabili.
Un grande balzo tecnologico si è avuto grazie la ricerca nel campo militare durante la prima e seconda guerra mondiale con lo scopo di spiare il nemico proprio sul territorio da invadere. Nella Prima Guerra Mondiale furono introdotti i primi aerei da ricognizione per fotografare e registrare i movimenti del nemico e le linee di difesa. Fu la Germania ad utilizzare per ricognizione il primo aereo dotato di fotocamera in Gorizia, in Italia, nel 1913 e furono subito seguiti dai francesi con le squadriglie di veicoli di osservazione Bleriot. Invece Frederick Charles Victor Laws nel 1912 sul dirigibile britannico Beta dello Squadrone 1 della RAF britannica scopre l’utilizzo dell’effetto stereoscopico per realizzare fotografie adatte per la cartografia. Questa tecnica fu utilizzata nel 1918 dal generale Allenby che ordinò allo squadrone australiano No. 1 AFC di fotografare la Palestina ottenendo una mappa estremamente precisa di tutto il fronte turco (1620 Km2).
Durante la seconda la RAF britannica guidata nella ricerca nel campo del telerilevamento da Sidney Cotton e l’ufficiale di volo Maurice Paciock hanno realizzato il primo aereo da ricognizione leggero per alta quota. Per lo scopo è stato utilizzato lo Spitfire PR munito solo di macchina fotografica e molto carburante e con un nuovo sistema di anti-congelamento elettrico per poter viaggiare ad alte quote ed avere una maggiore e più sicura visione dall’alto.
Si utilizzò per la prima volta la fotografia aerea proprio per preparare lo sbarco in Normandia (D-Day) per creare mappe delle condizioni del mare lungo la costa ed identificare i luoghi più idonei allo sbarco. Con lo studio delle onde vicino la costa fu possibile calcolare la profondità dell’acqua. Si utilizzarono anche per la prima volta sensori ad infrarossi per identificare la vegetazione fogliare e distinguerla da eventuali reti mimetiche per individuare postazioni nascoste.
Data la grandissima quantità di foto scattate dagli alleati durante la seconda guerra mondiale portò alla necessità di creare dei centri di intelligence che effettuavano Image Analysis per studiare il territorio e strategie efficaci da applicare in battaglia con l’uso delle informazioni estratte. Si stima che la quantità di foto scattate durante la seconda guerra mondiale dal centro di intelligence inglese CUI (Central Interpretation Unit) divenuto poi ACIU (Allied Central Interpretation Unit) sia pari a 36 milioni di stampe ed aveva un personale composto da 1700 interpreti fotografici, che al termine della guerra hanno avuto un grande successo ad Hollywood e nel mondo della cinematografia.
Sempre durante la seconda guerra mondiale, nel 1943 si vede l’introduzione di una nuova piattaforma aerea: i missili tedeschi V2 che hanno permesso di scattare per la prima volta fotografia della terra dallo spazio lanciati dalle White Sands.
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